Il Fatto

 

    1. La Federal Communication Commission (FCC), l’agenzia che regola il settore delle comunicazioni negli Stati Uniti, ha deciso (di recente) di eliminare le regole sulla net neutrality. approvate due anni fa quando l’agenzia era a base democratica.

La net neutrality (o neutralità della rete) è un principio in base al quale nessun provider (ISP o fornitore di servizi di telecomunicazioni) dovrebbe decidere se rendere più lento o più veloce l’accesso a una determinata pagina, permettendo così a qualunque sito internet di avere pari dignità (e opportunità) nel magico mondo digitale. I provider in base alla net neutrality non dovevano fino ad oggi agevolare la creazione di una qualche “corsia preferenziale” (magari a pagamento) sulle autostrade della rete.

Da pochi giorni invece esiste un nuovo regolamento per gli ISP statunitensi che ribalta la disciplina precedente. Detto Regolamento approvato a maggioranza – con 3 sì contro 2 no –  dall’agenzia indipendente FCC presieduta da Aji Pai e ora a base repubblicana consentirebbe – a detta dei detrattori – agli ISP  di gestire liberamente il traffico online, potendo quindi bloccare, rallentare o accelerare il passaggio di alcuni dati rispetto ad altri, senza particolari limitazioni, con  il solo obbligo di avvisare i loro clienti sulle disparità di trattamento che decideranno di attuare.

Diverse associazioni di consumatori e alcuni colossi come Netflix, Google e Twitter  hanno annunciato di volere fare ricorso in tribunale contro questa decisione, mettendo in discussione la validità del regolamento e sostenendo che l’enorme potere concesso ai provider inficerebbe la libertà (anche di pensiero) della rete.

Cos’è la net neutrality
Il concetto, nell’accezione attuale applicata a Internet, risale al 2002 ed è attribuito a Tim Wu che è ora docente di legge presso la Columbia Law School di New York.

Il teorema parte dalla considerazione che per  navigare online, qualunque utente deve fare riferimento ad un provider, cioè il soggetto che gestisce fisicamente la connessione dati e che smista  le trasmissioni in modo da permettere l’accesso a   qualsiasi sito nel mondo. Avendo gli ISP  il potere di decidere come gestire le connessioni occorrono delle regole (esistenti fino ad oggi) di net neutrality che obbligassero i provider a fornire le connessioni in modo imparziale senza tenere in considerazione il loro contenuto, trattando quindi tutti i dati allo stesso modo senza permettere favori o protezioni.

Le origini della net neutrality
In realtà il paradigma della net neutrality   arriva da lontano e cioè dalla seconda metà dell’Ottocento, in epoca priva di Internet, ma in cui comunque occorreva garantire il passaggio delle informazioni senza particolari restrizioni e discriminazioni, attraverso mezzi di comunicazione allora emergenti come il telegrafo.

Negli Stati Uniti si iniziò a parlare in modo esteso di neutralità delle reti in quel periodo, considerando come regola base che tutto il traffico su un determinato mezzo di trasmissione (o di trasporto) dovesse essere trattato allo stesso modo.

I sostenitori della neutralità

Secondo i sostenitori della neutralità della rete, è stata proprio la parità nel trattamento dei contenuti a decretare il successo di Internet. L’accesso a pari condizioni al web avrebbe permesso a Google, Amazon e Yahoo di partire dal nulla e di diventare in pochi anni alcune delle società più grandi al mondo, lasciando al tempo stesso la possibilità ad altre piccole aziende di trovare un loro spazio e di crescere, come nel caso di Facebook e Twitter, arrivate più tardi sul mercato.

Se i provider – sostengono i sostenitori della neutralità – si mettessero a chiedere ad esempio ai siti che trasmettono video in streaming di pagare una tariffa più alta, perché consumano più banda, probabilmente solo i più importanti  come YouTube avrebbero  risorse per contrattare e pagare le cifre richieste, mentre i più piccoli non riuscirebbero  a sostenerne i costi, rimanendo così svantaggiati e senza possibilità di crescere.

I contrari alla net neutrality

Chi è contrario sostiene invece che il trattamento alla pari del traffico potrebbe danneggiare l’innovazione perchè alcuni servizi potrebbero avere la necessità di essere gestiti senza ritardi (pensiamo ad esempio alle videochiamate) e con una quantità adeguata di banda e i provider potrebbero allo scopo sperimentare opzioni “premium” da fare pagare ai loro clienti, per dare la precedenza a un determinato tipo di traffico. In caso di applicazione rigida di net neutrality ciò non sarebbe possibile, limitando la possibilità per i provider di creare nuovi servizi.

Inoltre i sostenitori delle nuove regole affermano che non era necessaria la disciplina di cui al 2015 sulla net neutrality, poiché  la rete fino ad allora non aveva problemi di alcun tipo per quanto riguarda la disparità di trattamento dei siti e dei servizi online. Il capo della FCC, Ajit Pai, ha sempre sostenuto che le vecchie regole fossero superflue e di aver lavorato da inizio anno al piano  contro la net neutrality, su indicazione dell’amministrazione del presidente Donald Trump.

Il dibattito negli Stati Uniti
Il dibattito sulla net neutrality riferita a Internet e alle connessioni ad alta velocità   negli Stati Uniti risale al 2004 e in seguito a una sentenza del  gennaio 2014 è tornato più prepotente di prima, quando la corte d’appello di Washington, DC  affermò che le regole precedenti imposte dalla FCC sulla net neutrality non fossero state valide  (si faceva riferimento alla Open Internet Order, una direttiva del 2010 che impediva ai provider di bloccare contenuti e fare discriminazioni “irragionevoli” online, mentre dava margini più ampi ai gestori mobili)

In seguito sono state approvate le regole del 2015, volute dalla FCC di area democratica facenti capo a Obama, poi ribaltate con la decisione di ieri.

E in Europa?
Almeno sulla carta, la neutralità della rete è tutelata con minori sfumature nell’Unione Europea. A inizio aprile il Parlamento europeo ha determinato un Regolamento sulle telecomunicazioni, che, oltre ad avere sancito l’abolizione delle tariffe del roaming per i cellulari all’estero, ha previsto più garanzie per la neutralità della rete.

Conclusioni
Credo che non vi sia dubbio che regolamentare Internet sia opera ardua proprio per come è strutturata la rete. I sistemi per stabilire le connessioni e quelli per gestire il traffico si modificano ed evolvono di continuo, così come si trasformano i servizi che diventano sempre  più pesanti e più ingordi di banda. Inoltre negli anni si è osservata l’evoluzione delle modalità per  collegarsi a Internet, prima tramite la connessione telefonica e poi con strumenti sempre più sofisticati anche nel mobile.

Credere che i fornitori di servizi (che siano quelli di connessione come gli ISP o anche i gestori di servizi dell’informazione come Google o Facebook) si facciano garanti della imparzialità della rete mi sembra pura utopia.

I primi forniscono le autostrade, i secondi gestiscono le tratte, ma le auto sono le nostre e solo noi possiamo sapere quale sarà la via migliore

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